PREAMBOLO AL BLOG



MANIFESTO PER LE PRATICHE SAPIENZIALI

Cosa sono le pratiche sapienziali direte voi, e perché poi un manifesto? Un momento… se vi dico subito cosa sono il gioco è finito… e poi ci sono vari modi di intendere il termine… e poi ancora si dovrebbe anche definire cosa è la sapienza, cosa non da poco, anzi direi assai ardua.
Quindi vi dirò altre cose, tanto non c'è fretta o meglio la fretta c'è, tutto va di fretta ma per questo blog la fretta la lasceremo fuori o almeno ci proviamo.

Posso dire che questo blog nasce da una serie di esigenze personali che vi narrerò strada facendo.

La prima esigenza è dare una risposta ad una specie di smarrimento che provo, e so di non essere il solo a provarlo.
Io sono un lettore pellegrino: leggo ovunque e compro di tutto. Naturalmente le esigenze di danaro (molti libri sono sempre più cari) e di spazio (ho migliaia di volumi sparsi ovunque) mi inducono a frequentare librerie dove è consentito sedersi a sfogliare libri in modo che si possa ponderare l'acquisto.

E qui c’è lo smarrimento, davanti al bivio che ogni libreria propone. Dopo aver vagato tra le novità, reali o presunte, dopo aver circumnavigato i classici, al lettore pellegrino si presenta un bivio, un bivio degno della grande riflessione filosofica su Ercole al bivio.

Da una parte si ergono scaffali stipati di testi che hanno come filo conduttore il raggiungimento dei propri obiettivi, dall'altra si ergono scaffali altrettanto stipati di testi che ti invitano a infischiartene degli obiettivi e di vivere la vita secondo particolari dettami che ti renderanno felice.

Da un’altra parte testi di coaching, management, counseling, terapia, psicoterapia, pseudo psicoterapia, PNL, pseudo PNL, arte militare, sviluppo del potenziale umano, new age, pseudo new age, spiritualità, pseudo spiritualità, meditazione, pseudo meditazione, economia, para economia e pseudo para economia, sport, para sport, magia, para magia, che ti promettono che puoi raggiungere qualsiasi obiettivo.
Veramente, qualsiasi obiettivo!
Dal lavoro, alla salute, allo sport, al benessere finanziario, alla ricchezza più sfacciata, alla fama, alle relazioni; puoi trovare il principe azzurro o la fata turchina, il divo del cinema o la top model. Insomma veramente tutto, basta seguire quel metodo proposto.
Dall'altra parte le "filosofie": cinesi, giapponesi, finlandesi, danesi, e altri -esi, le quali sostengono che il punto non sta nel porsi obiettivi, ma al contrario, sbattersene un po’ e trovare di conseguenza la felicità.

Insomma il bivio è spiazzante: l'umanità sembra divisa tra un branco di forsennati (o forse sfigati?) che vive alla ricerca di mille improbabili obiettivi e un altro branco di fancazzisti cerca mille modi per non fare nulla.
I due blocchi, contrapposti, sembrano degni eredi della guerra fredda, dove un blocco cerca di convertire l'altro al suo stile di vita.

Io non credo ai blocchi, credo la l'umanità sia un pochino meglio di come le librerie industriali la dipingono, non di meno lo smarrimento rimane, e di fronte ad ogni smarrimento è necessario un rimedio.
Il rimedio più immediato è quello di non acquistare nessuno delle decine di testi visionati e tornarmene a casa nella mia biblioteca personale. Vagando tra i miei scaffali spesso recupero qualche libro rimasto imprigionato da altri volumi e mi dedico alla sua rilettura.

Di recente ho ripescato due testi che ci saranno utili per questo viaggio sapienziale: il Principio di Relazione di Stefano Mini, un libricino che mi è stato regalato molti anni fa dall'autore stesso, e L'Illuminismo dei Rosa-Croce della grande storica inglese Frances Yates, che portai al mio primo esame universitario.

Naturalmente di questi due testi ne parleremo in seguito; ora, tornando a noi, posso dire che il rimedio a quello sconforto è proprio questo blog, che dà spazio all'esigenza di condividere la mia esplorazione di questi due blocchi.
Esplorazione non fine a se stessa ma ricca di spunti e riflessioni da condividere, quindi troverete qui riferimenti a libri, filosofie, pratiche filosofiche, pratiche sapienziali e quant'altro.

Naturalmente sorge spontanea una domanda: "ma allora questo blog è destinato solo ai patologici consumatori di libri?"
No.
Certo che no. Anzi.
Il tema della libreria è in realtà una metafora.
Questa dicotomia in un modo o nell'altro riguarda tutti oggi.

Avremo modo di vedere che ognuno di noi è in qualche modo lacerato dall'esigenza di conseguire degli obiettivi, spesso sempre più complessi, e l'esigenza di lasciare andare e vivere la vita nel suo semplice fluire.
Indipendentemente dall'età, sesso, cultura, professione e stato sociale, siamo tutti più o meno lacerati dall’esigenza di rincorrere scopi e obiettivi a quella di "lasciare che sia".

La soluzione, ammesso che di soluzione si possa parlare, non sta nello scegliere con quale squadra schierarsi, e non sta neanche nell'acquisto di un libro o di un manuale; la soluzione sta altrove.

Inizieremo insieme un viaggio nel tentativo di delinearla, cari lettori accaniti e non, ma soprattutto persone curiose a prescindere dall'età e dalla quantità di libri letti, persone che possiedono la voglia di vivere e di esplorare la via delle pratiche sapienziali che riveleremo un poco alla volta.

E' questo un blog indirizzato a tutti coloro che per ragioni personali e professionali vogliono saperne di più su questo mondo.
In questo viaggio scopriremo il valore delle pratiche sapienziali e come Colombo (da cui la citazione nel riquadro iniziale) esploreremo, tracceremo mappe, delineeremo percorsi e rotte per futuri naviganti.
Valore che non sta tanto nella definizione ma nella pratica.
La pratica della sapienza non è nei libri ma nella pratica stessa.

E il manifesto?
Calma, non andiamo di fretta...


IL SAGGIO CINESE

Eravamo rimasti lì tra gli scaffali della nostra libreria, in mezzo al bivio che conduce da un lato ai fanatici dell’obiettivo e dall’altro ai fancazzisti.
Ebbene propongo un modello operativo per superare il bivio: il saggio cinese. Il vero saggio cinese dovrebbe essere confuciano di giorno, taoista di notte.

Cosa significa?
Il Confucianesimo rappresenta la cultura, l'impegno, l'etica, l'educazione, lo sforzo, il rigore, la volontà.
Il Taoismo rappresenta la natura, la spontaneità, il ritmo, l'armonia.

Come ogni contrapposizione anche questa ha qualcosa di forzato e semplicistico, ma è utile. Utile perché il punto non sta nella contrapposizione, ma nell'equilibrio delle due istanze contrapposte, divise tra l'esigenza del giorno e della notte. Dove giorno e notte non sono da intendersi tanto come momenti temporali ma esistenziali.

Vi sono cose del giorno, il lavoro, la professione e simili, e cose della notte, come gli affetti, i piaceri personali, le emozioni.
Il saggio vive pienamente entrambi i momenti: il giorno e la notte.
Il saggio sa essere determinato di giorno e tenero di notte.
Il saggio sa essere composto e ligio di giorno ed essere divertente di notte.
Il saggio sa anche che le contrapposizioni non sono nette, il Tao (o Dao che dir si voglia) contiene sempre nella propria zona un poco dell'altro elemento: la parte di bianco contiene una pallina nera, la parte di nero contiene una pallina bianca.

Gli elementi si compenetrano e si completano.
Ma cosa vuol dire tutto ciò per noi esseri occidentali affranti da mille preoccupazioni, così lontani da questa saggezza cinese idealizzata?
Vediamolo.

Dobbiamo distinguere il giorno dalla notte pur sapendo che la distinzione non è netta.
Il giorno ha a che fare con il mondo del lavoro in tutte le sue sfaccettature, un mondo sempre più complesso e irto di difficoltà.

I dati sulle attività commerciali sono allarmanti più o meno in tutti i paesi, in Italia spesso tragici; il numero di quelle che chiudono è impressionante, e lo è ancora di più la loro vita media. Una volta la chiusura era calcolata intorno al terzo anno di attività, ora molte non arrivano a compiere l'anno.

In Italia le chiusure sono oltre il novanta per cento, all'estero la percentuale varia; ma alcuni elementi statistici dei dati sono interessanti.
In genere sopravvivono le attività che si affidano ad un consulente esperto, abitudine questa più tipica di altri Paesi; in Italia regna il fai da te, un fai da te fatto spesso assai male.

Le attività ad indirizzo esclusivamente familiare tendono a chiudere dopo poco o pochissimo, e con alte perdite.
Quelle che tirano avanti con le loro forze hanno delle caratteristiche precise: ad esempio il livello culturale è in genere più alto, sia esso derivante dall'istruzione formale o dall'esperienza, spesso maturata con lavori all'estero con conoscenza delle lingue o comunque con buone capacità comunicative e relazionali.

All'estero le attività sono per lo più aperte da giovani con un livello culturale alto o molto alto, in Italia per lo più in alternativa allo studio.
Una differenza (certo non l'unica è ovvio) tra l'Italia e altri paesi europei è questa: c’è da noi meno cultura, meno istruzione, meno competenza (professionale e comunicativa), meno esperienza.

Questo ci suggerisce che è fondamentale il porsi degli obiettivi ed avere una metodologia che insegni a perseguirli.
Significa che l'impegno, l'educazione, l'istruzione, lo studio, l'etica, la capacità di comunicare, la voglia di migliorarsi (tutte virtù confuciane) sono indispensabili per il lavoro.
Aprire un'attività senza una preparazione a monte è un suicidio, come è un suicidio aprire senza volersi migliorare. Si può anzi dire che la voglia di migliorarsi sia condizione necessaria!

I confuciani consideravano i politici corrotti come esseri peggiori dei ladri e dei bari, poiché questi almeno, nelle loro attività criminose, cercavano di migliorarsi; il politico e il funzionario corrotto no, erano solo parassiti.

In base a queste considerazioni possiamo dire che ha una certa importanza tutta quella manualistica che in senso ampio possiamo definire coaching.
Stendiamo subito un velo pietoso e peloso sui detrattori di questo settore. Alcuni sostengono che non vi siano prove "scientifiche" su questi metodi. Sinceramente non so cosa intendano per scientifico ma poco importa, resta il fatto che aziende, enti governativi, reparti militari, utilizzano metodi sempre più sofisticati per raggiungere i loro obiettivi; se fossero tutte bufale non investirebbero tante risorse in questo ambito.

Del resto l'essere umano si è sempre posto il problema di migliorarsi, migliorando se stesso e di c0nseguenza i propri affari e interessi; per non parlare poi, ahimè, dell'arte della guerra e delle conquiste, oppure dello sport di cui spesso è il nobile surrogato.

Non è importante il nome che si dà all'attività del miglioramento personale, la si può chiamare coaching (il termine viene dallo sport) o zio Peppino, la questione non cambia.
Non è neanche nuovo il discredito che si cerca ad attribuire a chi vuole insegnare a perseguire i propri obiettivi; ve li ricordate i Sofisti? Bé, loro in qualche modo sono gli antichi coach e Platone (il più grande filosofo dell'occidente) non li trattò certo bene.
Il punto è un altro: è che la società moderna è diventata talmente complessa e competitiva che non bastano due consigli alla buona e un manualetto da Giovani Marmotte per venirne a capo, ci vuole di più, molto di più, e arrivare a questo di più non è semplice, anzi è spesso frustrante e disarmante.

Di fronte a tale frustrazione è facile cadere nella tentazione di abbandonare gli "scaffali obiettivi" e andare verso gli "scaffali felicità" nell'illusione di trovare il rimedio alternativo.
Come ripeto è un illusione.
E' un’illusione perché il giorno va padroneggiato, non c'è rimedio, un poco confuciani dobbiamo esserlo, qualche obiettivo dobbiamo raggiungerlo se non vogliamo veder naufragare la nostra vita. E in questo blog daremo qualche consiglio per navigare in codesto mondo confuciano.

Ed è un’illusione anche la dimensione "felicità" prevede impegno, costanza ed etica. Come dicevo c'è sempre un pallino di colore diverso all'interno del colore maggioritario.
Anche il Transurfing di Vadim Zeland, (avremo modo di parlarne) che non è altro che un geniale e divertente Taoismo dell'uomo d'oggi, ha la sua disciplina.

Insomma la dimensione sapienziale che propongo è appunto la dimensione dell'equilibrio del saggio cinese: saper distinguere il giorno dalla notte, sapere che giorno e notte si compenetrano e si alternano. Abbiamo bisogno di tutti e due e di provare a gustarci appieno entrambi i momenti.

Saremo confuciani di giorno. Saremo uomini e donne d'affari efficienti e preparati. Lotteremo per i nostri obiettivi, i nostri scopi e ideali, ma sapremo che noi non siamo i nostri obiettivi.
La società è competitiva e spesso ingiusta ma noi lotteremo eticamente per attenuare la crudezza della competizione stessa attivando le qualità della pietà confuciana.

Cercheremo nel nostro impegno di essere ottimisti e propositivi con tutti.
Saremo taoisti di notte.
Saremo amanti appassionati, poeti contemplativi e artisti inspirati. Gusteremo cibi semplici ma sani e gustosi, godremo di musica e canti, sorrideremo ai bambini, ci rotoleremo giocando con cani e gatti, ascolteremo i canti degli uccelli, passeggeremo nei boschi, nelle città d'arte e nei borghi tranquilli, invecchieremo senza imprecare contro l'ingiuria degli anni.
Saremo autenticamente noi gustandoci il sapore-sapienza della vita.

E il manifesto? un poco di pazienza... ci stiamo arrivando!


LA SAPIENZA DEL CERTOSINO

Penserete tutti ad un errore, si dice la pazienza e non la sapienza del Certosino. No, intendo proprio la Sapienza, e non perché la pazienza è una virtù sapienziale. Intendo un certo tipo di sapienza. E non intendo un certosino qualunque, ma uno in particolare, e precisamente Guigo II il Certosino (1114- 1193).

Certo (scusate l'assonanza) uno che si presenta con codesto nome fa un po’ ridere… questione di tempi! Comunque questo monaco scrisse un testo bellissimo: "Lettera sulla vita contemplativa" (Epistola de vita contemplativa.- Scala claustralium o Scala Paradisi). Il testo è anche disponibile su internet.

Ma cosa dice di così importante?
Enuncia i quattro gradi della via spirituale, che si pratica attraverso la Lectio divina ovvero la lettura spirituale della Bibbia.

Rimando a voi l’analisi delle quattro fasi (lettura, meditatione, preghiera e contemplatione); quello che a me preme in questo scritto sono le metafore legate al gusto, al sapore.
La fase finale, la contemplazione, la vera sapienza, la fase più alta, è il gusto pieno, il gusto pieno della Parola divina.
Questo perché la parola latina sapere è legata non all'intelligenza ma al sapore.
La sapienza è pertanto il gusto pieno e al gusto pieno si giunge grazie ad un tirocinio di masticazione della Parola.
La sapienza è un gustare pieno del buono, del bello, del realizzato, del gratificato.
La sapienza è quindi un gustare, un assaporare.
La sapienza non è dunque solo una virtù intellettiva ma è un discernere, un distinguere che coinvolge tutto il nostro essere.
E' un discernere che ci permette di separare il buono dal cattivo, il sano dall'insano, il bello dal brutto.

La dimensione sensoriale è quindi fondamentale per acquisire sapienza.

Tale importanza era già stata rimarcata da un altro monaco, Rabano Mauro. Chi era costui? vi chiederete… Era un monaco tedesco vissuto dal 776 al 856 e il nostro Dante lo mette in Paradiso (Canto XII v. 139) tra gli Spiriti Sapienti, appunto.
Rabano sosteneva che l'esperienza spirituale non fosse solo un esperienza legata all'intelletto ma un esperienza che coinvolge tutta l'anima, il cuore e tutti i sensi, poiché Dio si è fatto uomo di carne ed è entrato nel mondo sensibile.

E grazie al gusto, gusto che noi possiamo chiamare gusto estetico, possiamo assaporare il piacere delle arti: pittura, musica, canto, etc.
E' tale gustazione che ci porta alla pienezza dell'esperienza spirituale trasformando tutto il nostro essere.
Da qui l'importanza che Rabano dà alla liturgia, ma di questo parleremo nelle prossime puntate.

Ora rispondo ad una obiezione che al lettore sorgerà spontanea.
(So che ne sorgeranno altre e le affronteremo in seguito).
La dimensione sapienziale sarebbe quindi legata solo alla lettura della Bibbia, quindi ad una attività spirituale ben precisa e legata pertanto all'ambito cristiano o giudaico- cristiano?
No, certo che no, questo contraddirebbe di molto le premesse dei precedenti articoli; la pratica biblica è solo un apertura ad uno spazio ben più grande.
Vediamo il perché.

Innanzi tutto dobbiamo sottolineare che, in ambito cristiano, la Bibbia viene considerata il secondo libro scritto da Dio. Sant'Agostino sostiene che Dio scrisse due libri: il primo è la creazione, la realtà profonda, la vita autentica. Ma, avendo l'uomo smarrito (scordato) il senso, il valore della vita, scrisse il secondo libro, inspirando i profeti.

Quindi la sapienza biblica (o meglio la pratica di una certa modalità di lettura della Bibbia) non è altro che un modo per ritrovare il sapore della vita e contemplarla (gustarla).
Metaforizzando in maniera zen possiamo dire che la Bibbia è il dito che indica la luna, ma lo stolto guarda il dito.
Nel nostro discorso interessa invece la luna, la vita ed il suo sapore; le pratiche sono solo dei mezzi, dei tirocinii di masticazione e assaporazione.

Arriviamo quindi ad un primo punto fondamentale per il nostro discorso: la pratica sapienziale è una pratica di sapore, di sapore della vita.
Pratica sapienziale è ciò che ci permette di ripristinare un "contatto" con il sapore della vita, contatto che avevamo perduto o che tendiamo a scordare.

Uso volutamente questo termine: scordare. Contiene la parola cuore, (cors, cordis in latino); scordare vuol dire allontanare dal cuore.
Spesso le cose, le cose che hanno una loro magia, un loro perché, tendono ad essere allontanate dal cuore.
I ri-cordi, le cose del cuore, vengono messe in soffitta con tutte le loro attribuzione di senso.

Le cose che hanno un valore vengono scordate per paura, per superficialità, o semplicemente perché il flusso della vita si è fatto più intenso, più intenso ma meno denso di sapore.
La nostra vita assomiglia sempre più ad un supermercato: ci cibiamo di merendine confezionate, pratiche sì, ma povere di sapore.

E' un illusione che un additivo chimico possa sostituire un sapore autentico. Il sapore non sta solo in una combinazione chimica, il sapore sta anche nel gesto, nel gesto profondo, nella ritualità carica di senso.
La merendina confezionata non ha il gusto del pane burro e marmellata perché è priva di gesto. E' il gesto sapiente dello spalmare, del preparare, che ci consegna il sapore.

E' altrettanto illusorio che delle tecniche preconfezionate, prive di un’autentica presenza, ci possano trasmettere la sapienza-sapore della vita.
La pratica sapienziale è un riportare al cuore.
Questo contatto, questo riportare al cuore, ha una dimensione liturgica, un sollevamento del cuore (Sursum corda).
Un cuore che, ben inteso, non ha nulla di melenso ma è qualcosa di vivo, palpitante, coraggioso (altra parole che contiene cuore), di un coraggio che ci spinge a vivere la vita nella sua pienezza e sapore.

Insomma la pratica sapienziale è una pratica di sapore, di ricordo e di coraggio.
Se possiamo abbozzare un primo (e assai provvisorio) distinguo tra pratica filosofica e pratica sapienziale è che la prima è prevalentemente un rammentare, un portare alla mente, la seconda è un ricordare, un portare al cuore.

In questo blog esploreremo i metodi, le tradizioni, le modalità attraverso le quali le pratiche sapienziali hanno preso e prendono forma.

Naturalmente questo percorso si confronterà costantemente con altre forme di attività quali le pratiche filosofiche, la consulenza filosofica, ma anche tutte quelle attività descritte all'inizio ovvero tutte le "pratiche degli obiettivi".


DIALOGO SULLE PRATICHE SAPIENZIALI

Cercherò ora di rispondere ad alcune domande che nel tempo mi sono state poste riguardo le pratiche sapienziali.
Ho cercato di riassumerle e di ordinarle per affinità.

Interlocutore.
Puoi chiarire meglio il termine pratiche sapienziali, perché pratiche e perché sapienziali?

Io.
Del perché pratiche è semplice: devono essere praticate.
Bisogna riflettere sul termine pratica. Mi piace la figura del "praticante" che si usa nel portoghese brasiliano che sta indicare quel navigante "pratico" dei bassi fondali dei fiumi e guida le navi giunte dal mare che imboccano il fiume.
La pratica è quindi una pratica di percorso va svolta in prima persona.

La citazione iniziale al blog di Cristoforo Colombo ricalca questa abilità marinara. Conoscenza teorica sì, ma anche perizia, esplorazione ed esperienza nel percorso e nella capacità di delinearlo.
La pratica non è, e non può essere, mera ripetizione. Ha sempre una componente esplorativa. Il territorio è mutevole, non è mai dato una volta per tutte, la cartografia è sempre da aggiornare. Come sempre è da aggiornare l'esperienza stessa; le condizioni atmosferiche cambiano, il fattore umano cambia, i mezzi e le situazioni cambiano.

Il praticante non è però un "praticone", un furbacchione che usa solo dei trucchi  per intortarti e magari spillarti quattrini.
Il praticante ha le competenze e le qualità di Cristoforo Colombo. Ha un sapere specifico (astronomia, geometria, etc) e le capacità di gestire tali competenze: le abilità cartografiche.
Ma ha soprattutto le qualità umane, coraggio, voglia di mettersi in gioco, voglia di apprendere nuovi idiomi, fiducia, ottimismo e capacità profonda di godere le sfide della vita.
In proposito mi permetto di citare un autore, un autore "sapienziale", che amo: Michael J. Gelb.
Ha  scritto libri su come sviluppare la propria genialità dedicando due volumi a Leonardo da Vinci ed uno a dieci grandi geni: da Platone ad Einstein e tra questi vi è anche un capitolo dedicato a Colombo da cui ho tratto qualche spunto.

Con il termine "pratica" quindi intendo un'attività che richiede: studio, meditazione, metodo, riflessione, tirocinio, gestione, comunicazione, esplorazione, creatività, immaginazione, condivisione.
Con il termine sapienziale indico la dimensione di un sapere che non sia né un sapere meramente tecnico, né  una mera speculazione filosofica.
E' qualcosa di più e al contempo di meno, ciò sarà più chiaro quando si affronteranno  le varie pratiche.

La Sapienza l'ho descritta usando la metafora del gusto, un sapere non astratto ma un sapere che dia "sapore", senso alla vita.
Metafora che ho tratto Lectio Divina, la lettura spirituale della Bibbia, e lo ho estesa in altri ambiti.
Tutti aspirano ad una pratica- sapore- senso della vita.
La pratica sapienziale è una  modalità di relazione o meglio ci connette al principio di relazione.
La pratica sapienziale ci fa riappropriare della relazione perduta.

Interlocutore
Puoi chiarire meglio il concetto?

Io
L'uomo è un essere camaleontico, non ha una matrice (archetipo) prefissato, l'uomo è per "costrizione" libero, libero di innalzarsi alla divinità o di degenerare nella brutalità, sostiene il grande Pico della Mirandola nel Oratio de hominis dignitate (Discorso sulla dignità dell'uomo). L'uomo fa parte della natura ma ne è in qualche modo estraneo, l'uomo è nella natura ma può modificarla e in tale percorso può perdersi.

Per questo una filosofia non è sufficiente, è  necessario un percorso particolare che ricucia tale strappo.
Pico individuava tale percorso con la Cabala come lui la intendeva.
Questa esigenza era presente in tutto il mondo dell'Umanesimo e del Rinascimento.

Interlocutore
Quindi, a quanto ho capito sostieni che anche oggi ci possono essere delle modalità simili a  quelle proposte dai dotti dell'umanesimo e in che modo?

Io
In qualche modo si e lo vedremo di volta in volta. Lo scopo di questo blog è descrivere tali pratiche,  per il momento posso dire che sul contemporaneo la pista è stata tracciata dal librino a cui ho fatto menzione nel primo articolo: Il principio di relazione di Stefano Mini.  In tale testo le pratiche di riferimento sono lo sciamanesino dei nativi americani e lo yoga. Ma di questo parleremo più avanti. 
Il punto che per ora mi preme dire, in una maniera semplice e brutale, è che le attività sapienziali partono da un esigenza "pratica", concreta di antropologia filosofica, ovvero il ricollocarsi (riappropriarsi) del proprio posto nell'universo in qualsiasi modo lo si intenda.
Il posto, il proprio posto, è una connotazione di senso (consapevolezza, gusto, etc) che ci rende sapienti ovvero ci  relaziona a tutto il resto del creato e del nostro vissuto.

Interlocutore
Non è cosa da poco...

Io
No, per questo bisogna stare molto attenti a non cadere nel vaniloquio ingenuo...
Infatti avremo modo di delineare di volta in volta i presupposti metodologici di questi approcci.

Interlocutore
Ci puoi fare degli esempi di autori o pratiche comunemente usate?

Io
Le affronteremo in dettaglio strada facendo, posso anticiparne un paio, delle quali però non sono esperto, le uso solo come  esempio: I Ching e i Tarocchi.
Sinceramente quando a suo tempo lessi il libro di Marinoff “Platone è meglio del Prozac” rimasi molto perplesso sull'uso dei Ching nella consulenza filosofica.  Perplessità che esposi in un articolo sul sito che tenevo allora e che ripubblicherò su codesto blog.
Il punto però non è Ching sì o Ching no, il punto è a che titolo posso proporre un lavoro del genere al mio ospite-cliente.
Secondo me Marinoff non è molto chiaro in proposito.
Il termine andrebbe riportato in un altro contesto e metodo.
Un discorso sulle pratiche sapienziali da affiancare a quelle filosofiche renderebbe tutto più chiaro sia da un punto di vista epistemologico, metodologico ed etico (relazione con la possibile utenza).   

Un discorso analogo lo si può fare con i Tarocchi.
Alejandro Jodorowsky è sicuramente un personaggio geniale, forse sin troppo, nel senso che è unico… ma solo lui può leggerli? e i rimanenti chi sono? degli epigoni modesti? dei ciarlatani? o altro? 
Anche in questo caso credo che un ampliamento del discorso sarebbe molto utile.

Interlocutore
Ma tutto questo discorso non corre il rischio di creare un grande calderone di pratiche eterogenee? In fin dei conti già il movimento dello sviluppo del potenziale umano  (per non parlare della New Age)  aveva rivalutato Tarocchi, Cabala, sciamanesimo, yoga ed altro; queste discipline però ora vengono considerate per  lo più  come qualcosa di genericamente "alternativo", se non "paccottaglia" o addirittura superstizione.

Io
Il rischio c'è ma è inevitabile. Il punto non è far finta che  non ci sia,  ma affrontarlo con metodo, ed è quello che voglio fare.
Il tema della superstizione lo affronteremo in dettaglio; per ora come anticipo posso dire che ricalcherò molto il pensiero di  Gregory Bateson.

Per quanto riguarda il movimento dello “sviluppo del potenziale umano” ritengo che esso si basava su altre premesse; alcune sono ancora valide, ma è sicuramente cambiato il  contesto socio culturale.
E' cambiato soprattutto la dimensione filosofica e oggi abbiamo nuovi strumenti d'indagine e di applicazione e li enunceremo di volta in volta.
Il movimento dello sviluppo del potenziale umano metteva l'accento  sulle capacità di sviluppo dell'uomo, e questo può anche andar bene, ma alla lunga è facile cadere in una auto esaltazione spesso ingenua e carica di enfasi.

La modalità odierna invece verte più su altre tematiche.
Il prendersi cura di sé, la capacità di auto rivitalizzarsi, il rapportarsi agli altri, il senso del gusto e la felicità di vivere ed altri temi che vedremo. Insomma i temi sono più sfumati, più complessi, privi di enfasi; se vogliamo coincidono anche con il cambio di lettura che si ha dell'Umanesimo e del Rinascimento; da una lettura un poco esaltata della grandezza dell'uomo ad una sua comprensione ricca di maggiori sfumature.
Non solo, come dicevo nel primo articolo ci sono moltissime pubblicazioni che riguardano varie modalità di essere felici, modalità tratte da varie culture. Questa vasta letteratura è sintomo di una nuova esigenza esistenziale, esigenza che io definisco sapienziale. 

Interlocutore
Mi sembra che il tuo discorso sia però, sotto sotto troppo legato ad una nicchia di eruditi, consulenti filosofici, counselor, terapeuti ed affini.

Io
No, al contrario! Certo, a volte mi esprimo con un linguaggio da maniaco di libri,  ma è spesso una necessità se si vuole dare dei riferimenti precisi.  Il punto è un altro: le pratiche sapienziali sono indirizzate a chiunque voglia aumentare la propria vitalità ed il sapore della vita.
Hanno inoltre un valore pedagogico, mirano ad formare, ad educare, mentre la tendenza odierna della scuola è più mirata all’istruire.
Le pratiche sapienziali mirano ad avere docenti e allievi che siano amanti della vita, della cultura, dell'arte e  non siano solo delle scatole cerebrali di nozioni.
Non solo.  Ci sono delle  pratiche sapienziali che non richiedono nessuna erudizione, come ad esempio il camminare...

Interlocutore
Vedo già un riferimento a Thoreau...

Io
Già, ma per provare il piacere di camminare non è necessario aver letto Thoreau, anche se averlo letto può aumentare il gusto del camminare.
Quello però che mi preme sottolineare è un'altra  cosa: noto che sempre più persone s'inventano una propria sapienza personale, un loro modo di vivere e di porre una specie di resistenza al continuo senso di sgomento che la società odierna ci offre.
E' estremamente fuorviante leggere l'odierno disagio della civiltà come stress.
Con i  metodi anti stress si cerca di esorcizzare tutto.
Ma codesti esorcismi non funzionano. Il problema non è lo stress, è la separazione, la mancanza di senso e di sapore autentico.
Con la mia seconda anima (quella del sociologo) darò spazio alla ricerca dei metodi più personali, meno colti ma forse più spontanei della ricerca di sapienza, mentre con la  mia prima anima (quella del filosofo) cercherò di inserirli nel quadro più ampio delle pratiche sapienziali.

Interlocutore
Hai usato il termine rivitalizzare, puoi dire qualcosa di più?

Io
Gerd B. Achenbach parla della consulenza filosofica   come attività vivificante; anche Peter B. Raabhe concorda con tale valore. E anch'io ritengo che la filosofia in tutte le sue attività pratiche abbia questo valore, e quindi anche le pratiche sapienziali.
Aggiungo però una precisazione, io la intendo in maniera  assai più vasta, che non riguarda solo i "praticanti"… l'attività sapienziale ha un valore rivificante per l'intera società; in proposito mi rifaccio alla teoria delle società descritta dall'antropologo Anthony F.C. Wallace che avremo modo di descrivere.

Interlocutore
Le pratiche sapienziali possono essere insegnate ?

Io
Mah, Platone  nutriva dubbi sul fatto che la filosofia stessa potesse essere insegnata.
Comunque ritengo che le pratiche sapienziali più che insegnate possano essere condivise.
Dalla condivisione può nascere un tirocinio comune e da tale tirocinio comune si può sviluppare un insegnamento.

Interlocutore
In quali ambiti potrebbero essere insegnate?

Io
In qualsiasi ambito, basta volerlo.

Interlocutore
Anche nelle università?

Io
Perché no? Volendo giocare direi che un centro come il M.I.T.  (Istituto di tecnologia del Massachusetts) che ha corsi di laurea più variegati, potrebbe organizzare un percorso di laurea per "nuovi sapienti". Sarebbe divertente.

Interlocutore
Nelle aziende?

Io
Certo, sarebbe un bel modo di padroneggiare il cosiddetto V.U.C.A. Volality, Uncertainty, Complexity, Ambiguity ovvero: Volatilità, Incertezza, Complessità, Ambiguità.
Avremo modo di parlarne.

Per ora è tutto, alla  prossima.






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