giovedì 19 settembre 2019

PRATICHE: IL RISVEGLIO DELL'ANIMA OVVERO IL FANTOZZOMETRO


Prima pratica.


La pratica che vi voglio presentare per prima, in quanto propedeutica  alle pratiche vere e proprie, è il risveglio dell'anima.

Del termine anima daremo un significato pragmatico, non filosofico, almeno per ora; chiameremo anima tutto ciò che letteralmente ci anima.

Pensiamo ad esempio al cartone animato:  è un disegno che si muove, è animato appunto.
Chiediamoci dunque cosa ci anima,  cos’è che ci fa  muovere,  cosa ci induce a “muovere il culo”  dal letto al mattino. 

Ma attenzione…  cosa ci anima?  non cosa ci motiva?  la domanda  è ben diversa.
La motivazione è qualcosa di complesso, presuppone un ragionamento e implica delle conseguenze. In merito alla motivazione io la penso come l’allenatore José Mourinho: “Io non motivo nessuno, se non sei motivato a giocare nella mia squadra, vai altrove".
Giusto. Se non sei motivato a giocare in una grande società, allora la motivazione non te la può dare nessuno.

Quindi diffidiamo della motivazione e dei motivatori; possono essere utili in certi casi per raggiungere degli obiettivi (sfera confuciana, vedi primi articoli) ma qui il punto è un altro.
Io parlo di ciò che ci anima indipendentemente da obiettivi e scopi. Parlo di vita: perché mi muovo.

Facciamo un esempio pratico: confrontiamo Gesù (o qualsiasi altro maestro spirituale) e Fantozzi. Sì, proprio lui, il rag. Ugo Fantozzi.

Nei testi spirituali i maestri sono generalmente descritti con poche frasi mentre fanno gesti semplici. "Gesù si svegliò e si alzò". Immaginiamo la grazia e la semplicità del suo gesto; non c'è dispendio di energia, solo  presenza. E'  l'alba, si reca sul monte a pregare, è in comunione con il creato, è il creato, è animato.

E invece Fantozzi… la sveglia lo traumatizza, i movimenti sono confusi,  trangugia un caffè perché ha bisogno di una scarica di adrenalina, si lava male,  si veste a scatti e va, imprecando, al lavoro.
E' motivato. Ha molti motivi per fare tutto ciò: ha bisogno del lavoro per pagare affitto e bollette, mantenere una brutta moglie e una figlia mostruosa; è motivato ma non è animato, non ha anima. E' un automa, potrebbe essere morto senza saperlo.

"Lasciate che i morti seppelliscano i morti" dice Gesù. E' vero, possiamo  adattare la frase in questo modo: "lasciate che gente motivata ma senz'anima seppellisca gente inanimata". Frase di minor effetto ma molto chiara.

Fatta questa premessa… … vi propongo il fantozzometro!
Cos'è?  E’ una scala di valori da uno a dieci: al livello 1 c'è Fantozzi a livello 10 c'è Gesù.
Tu dove ti collochi? Come ti svegli? Sei traumatizzato dalla sveglia? Ingurgiti caffè scadente come mero bolo di caffeina?
Oppure preghi, mediti,  fai il saluto al sole o altre attività analoghe? Leggi la posta elettronica e guardi lo smart,  oppure interagisci con la tua compagna/o? o i tuoi familiari, o il tuo animale domestico o, se vivi solo prendi contatto con la giornata, il clima, i suoni i colori e gli odori del giorno?
Insomma come sei messo in questa ipotetica scala?
Sei animato? Ti senti coinvolto dalla tua giornata? Vai al lavoro perché  esso ti anima o perché sei motivato? Hai il mutuo da pagare?
Insomma… la tua vita ti anima?

Attenzione, non parlo di passioni.
Non di qualcosa di forte, semplicemente di qualcosa che ti anima.
Ciò che ti anima senza che sia necessario un perché.
Se amo, ad esempio, non ho bisogno di un perché. Mi nutro  della presenza di chi amo: compagna/o, familiari, amici, animali domestici, colleghi, il tempo, il lavoro e così via. Amo perché sono animato da loro, al di là delle incomprensioni, tensioni, difficoltà e preoccupazioni. 

L'anima va risvegliata e nutrita.
Mi guardo allo specchio al di là della stanchezza e delle difficoltà, scopro cosa mi fa andare avanti al di là della forza d'inerzia, abitudine e lamentela. Vado al di là, vado oltre.
Mi concentro sulla presenza, sulle scelte, non trangugio caffeina ma scelgo e gusto la colazione, anche fosse solo un caffè. Ma un caffè per scelta.  Opto per il  sapore-sapienza.

Vado al lavoro e osservo gli altri: sono presenti? io sono presente?
Cosa mi infastidisce? Ci vuol poco a farmi imprecare in alamanno e in goto come direbbe il buon Guccini, o riesco a mantenere un equilibrio?
Il fastidio scatta quando mi disanimo, quando vago con la  mente e l'irritazione ha la meglio. Succede spesso?

Per tre settimane di seguito misuriamoci col fantozzometro e vediamo dove ci collochiamo. Vediamo cosa accade, scopriamo cosa ci anima, cosa ci rende vivi, cosa ci rende amabili.
Dai, provate.

Straf.


Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo utilizzando i pulsanti qui sotto. Grazie. 


TRILOGIA DELLA MENTE


Sergio Leone con i suoi celebri film western  elaborò una trilogia del dollaro. Io ho proposto una trilogia del libro; del libro come autocura.
I testi di Luigina Mortari, Culadasa (John Yates), André Kukla  che ho proposto rappresentano un  primo trittico sapienziale per il nostro percorso.
Questi libri hanno a che fare con il metodo e con la mente.
Se si vuole che la nostra vita abbia un nuovo sapore è necessario metodo e saggezza per gestire quella scimmia inquieta che chiamiamo mente.
Questi tre testi sono  un ottimo tirocinio di lettura e pratica.
Sono anche libri da "rasoio di Occam", ovvero se ci misuriamo con questi tre percorsi taglieremo via molti libri e librini futili e vani in circolazione.
Spendere bene il proprio danaro è sapienza.
Spendere bene il proprio tempo è sapienza.
Spendere bene il proprio pensiero è sapienza.
Quindi buona trilogia.

Straf.


Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo utilizzando i pulsanti qui sotto. Grazie. 

RECENSIONE: LA MENTE ILLUMINATA


di Culadasa
Mondadori 2019

E' un libro eccezionale, raro, che vale tanto oro quanto pesa.

Dietro il nome buddista di Culadasa si cela un personaggio davvero incredibile, al secolo John Yates, ex professore (sino al 1996 ora in pensione) di neuroscienze
Oltre a questa materia si è impegnato per lungo tempo alla formazione sanitaria multidisciplinare.

Per oltre quarant'anni si è dedicato a varie forme di meditazione e ricerca spirituale. Attualmente si dedica all'insegnamento della meditazione.

Matthew Immerlt, professore di sociologia e Jeremy Graves, dottore in letteratura, entrambi allievi di Culadasa durante il percorso della meditazione hanno contribuito alla stesura del testo.
In questo libro Culadasa ci accompagna passo per passo nella meditazione (Vipassana) della scuola buddista Theravada per avere il dominio della mente.

La descrizione  è precisa e meticolosa; usando l'immagine dell'uomo che cerca  di domare l'elefante  descrive tutti i dieci livelli del percorso.
A ogni livello la situazione cambia, cambia il rapporto tra l'uomo e l'elefante, tra l'uomo e la scimmia, l'uomo ed il coniglio, l'uomo e le fiamme e così via. Ogni figura ha un suo significato e ci permette di valutare i nostri progressi.

E' un libro imponente: oltre cinquecento pagine, tutte preziose, ricche di  descrizioni, analisi, disegni, note, appendici, dizionario, etc.
E' un Libro  di cui si sentiva la necessità per contrastare la moderna mania della meditazione a buon mercato, dei piccoli trucchi e altre banalità.

No, dice Culadasa, il percorso necessita di impegno costanza e metodo.  
Quarant'anni di pratica e studio sono una buona credenziale.
E' un testo fondamentale e irrinunciabile per chi è sul cammino della meditazione e delle pratiche spirituali.

Eppure… eppure anche un libro così ricco non è immune, non dico di difetti ma da alcune piccole imprecisioni: molto tecnico e accurato, ti insegna a praticare la meditazione ma non ad amarla.

Si è trattato di una precisa scelta, è ovvio; gli autori hanno optato per tale impostazione, rimarcata anche da una scrittura chiara e dettagliata.
E' però necessario integrare. Bisogna amare per  praticare; lo spirito scientifico è utile ma alle volte può risultare arido (non dico però che il libro sia arido, tutt'altro).

Praticando questo libro (perché è un libro che si pratica non si legge) ho avuto voglia di rileggere e gustare gli autori che mi hanno fatto amare la meditazione, autori come John Blofeld e come Thich Nhat Hanh. Si tratta  certo di autori di scuola diversa che pur conoscendo la tradizione Theravada abbracciano la visione Mahayana.
Insomma è po' come alle elementari: al sussidiario bisogna affiancare un libro di lettura.

Non si può non amare un personaggio come John Blofeld e la  sua vita avventurosa, ed il suo libro La via della Saggezza è un testo anch'esso prezioso.
Di Thay, il grande maestro vietnamita, autore di dozzine di libri e famoso in tutto il mondo, non si può che avere una sana venerazione.
Tra le dozzine di libri Il miracolo della presenza mentale è quello che amo di più, ma ogni suo testo ha una fragranza particolare.
Ammetto che dopo una pratica/lettura così densa ho avuto anche bisogno di riprendere in mano la scrittura di quel poeta particolare che è stato Alan Watts e il suo La via dello Zen.

Nel libro di Culadasa si possono trovare anche altri piccoli limiti che tuttavia non ne invalidano il valore, anzi servono a ricordarci che anche un libro di oltre cinquecento pagine dense e ben documentate da autori che hanno dedicato la vita a tale pratica, non è immune da limiti, e questo è subordinato al fatto che il settore stesso è estremamente vasto e complesso.

E' il paradosso della meditazione; in fin dei conti cosa c'è di più semplice della meditazione, basta osservare il respiro! Eppure questa semplicità ci porta verso ciò che c'è di più complesso: la mente.
Questo ci deve indurre a diffidare di chi la fa "semplice-semplice" perché la semplicità è in rapporto stretto con la complessità.

Lo ribadisco: nel panorama attuale è un testo di enorme utilità.
Se le cinquecento pagine vi sembrano troppo scoraggianti si può iniziare da un altro libro di altrettanto valore, sperando che sia ancora reperibile: Amadeo Solé-Leris, La meditazione Buddista, Oscar Mondadori. Anch'esso è un testo della tradizione Theravada e spiega in modo dettagliato il percorso della Vipassana e di altre pratiche.
Contiene anche una rassegna tematica di maestri contemporanei di meditazione tra cui il grande maestro birmano U Ba Khin.
Tornerò comunque sull'argomento meditazioni e  libri.
Per adesso l'invito è … ovvio:  meditate gente... meditate.

Straf.


Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo utilizzando i pulsanti qui sotto. Grazie. 

RECENSIONE: LE TRAPPOLE DELLA MENTE


di André Kukla
Ponte alle Grazie, 2016.

Non si tratta del solito librino pretenzioso, ironico o finto ironico che dispensa trucchi e trucchetti per avere la meglio sulla nostra mente.
No.
Non è un librino che accontenta tutti alla lettura e non soddisfa nessuno nella pratica.

Diciamolo, la maggior parte delle persone amano crogiolarsi nelle proprie trappole mentali; non amano  però ammetterlo, anzi sostengono l'esatto contrario e si proclamano grandi combattenti della mente.

Il librino pretenzioso, ironico, insulso,  accontenta costoro con un'amena lettura;  si possono così  vantare con amici e amiche del proprio percorso di crescita. Ma in realtà è tutto una finta, nulla cambia, anzi la lettura stessa diventa un ulteriore trappola mentale.
Sono libri "gattopardeschi", si fa finta che cambi tutto affinché nulla cambi.

André Kukla, docente dell'Università di Toronto, esperto di Filosofia della Mente e di Filosofia della Scienza, di Sociologia della Conoscenza e Psicologia Cognitiva, non si presta a tale gioco. Il suo è un manuale serio, meditato, scritto sì con ironia e garbo ma privo di sconti.

Il suo punto di partenza è profondamente sapienziale:
Per ogni cosa c'é il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
E' una massima sapienziale ricalcata dal Qoelet, uno dei libri più belli della Bibbia.
Il punto è che raramente riusciamo a fare la cosa adeguata nel momento giusto, spesso ci disperdiamo nei meandri dei nostri pensieri e tali meandri diventano delle vere e proprie trappole.

Sappiamo bene quanto le trappole della mente siano nocive, eppure vi cadiamo.  Sul perché ciò accade, Kukla, da buon filosofo, postula un trittico quasi gorgiano.
1) Spesso non siamo consapevoli di ciò a cui stiamo pensando.
2) Anche quando siamo consapevoli di ciò che pensiamo, spesso non ne riconosciamo la natura nociva.
3) Anche quando riconosciamo la natura nociva dei pensieri, spesso non riusciamo a modificare l'atteggiamento per forza dell'abitudine.
Dopo queste premesse l'autore analizza le varie trappole della mente dando loro un nome e spiegando come si articolano nella nostra mente.
Troviamo quindi: la persistenza, l'amplificazione, la fissazione e molte altre.

Dopo la rassegna  di ciascuna  modalità passa  ad analizzare come si possa evitare di cadere nelle suddette trappole. In appendice (assai preziosa) descrive la pratica dell'osservazione del pensiero.
Come direbbe il saggio: scusate se è poco.

Se ci sottoponiamo a tale tirocinio la qualità del pensare cambia.
Davvero: il pensare ha un altro sapore, ogni pensiero libero da vecchie pastoie sorge con una nuova fragranza come del buon pane appena sfornato.
Cosa c'è di più antico del pane, cosa c'è più antico del pensare? Eppure sia il pane che il pensiero hanno la magia della novità, della creazione, della rinascita.
Buona lettura e soprattutto buona pratica.

Straf.


Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo utilizzando i pulsanti qui sotto. Grazie. 

RECENSIONE: AVER CURA DI SE


di Luigina Mortari
Raffaello Cortina Editori, 2019.


E' un libro prezioso, e non solo perché è colto e intelligente ma perchè è "astuto".
Di primo acchito il termine astuto può generare perplessità e riserve: l'astuzia è spesso considerata una qualità  se non proprio negativa  almeno ambigua.
Esiste però un'astuzia dovuta alla perizia, alla pratica; vi ricordate il "praticante" di cui ho parlato nel dialogo ovvero colui che sa "guidare" le navi in fondali bassi e pericolosi?

L'astuzia dovuta alla perizia non è l'astuzia a buon mercato del furbacchione,   ma è quella dove alle parole corrispondono  saggezza e metodo.
Uso volontariamente questa accoppiat, saggezza e metodo, molto usata nel buddismo tibetano, che sta ad indicare un maturo equilibrio.
Un maturo equilibrio tra maschile e femminile, tra direzioni introverse (cura di sé) ed estroverse (cura degli altri), e molto altro ancora. 

E' un testo "accademico" ma non d'accademia fine a se stessa, è invece un libro di trasmissione, di educazione nel senso letterale del termine; ci porta fuori da quei bassi fondali dove spesso una vita "ineducata" ci ha portato.
L’autrice non usa il termine "pratiche sapienziali" ma “pratiche noetiche” e “pratiche spirituali".  Analogie e differenze tra questi termini si chiariranno nel prosieguo.

Per ora posso solo consigliarlo come primo testo per le basi metodologiche del  nostro percorso sapienziale.
Buona lettura.


Straf.

SAPORE DI LIBRI ovvero la pratica sapienziale della lettura


La lettura rappresenta uno dei sapori a me più cari della vita.

Ripongo sempre una profonda diffidenza verso la persona che non ama leggere a meno che tale mancanza non sia compensata da un altro sapere di tipo artistico: pittura, musica o altro.

Ho anche una profonda diffidenza verso chi usa i libri solo per lo studio, lo studio strumentale.


Il massimo dell'imbecillità umana per me è rappresentata dall’esortazione/ammonimento che una mia collega diede ad un nostro allievo (a quei tempi insegnavo in un liceo) intento alla lettura  durante una pausa.
“Giacomino…  non leggere, studia!”
La lettura non è lo studio, è una premessa ad esso ma è anche un superamento, è un piacere ed un sapore ed è soprattutto una crescita, indipendentemente da ciò che  si legge.

Lo confesso, la penso come santa Teresa d'Avila e Pier Paolo Pasolini: detesto le persone istruite.   Eh… lo so che mi faccio dei nemici, ma è più forte di me.
Anche io amo le persone semplici e le persone colte.
Le persone istruite sono appunto persone "istruite" a far qualcosa come gli animali ammaestrati.
Per carità spesso sono utili, come sono utili i cani della protezione civile, ma con un distinguo:  per i cani ammaestrati della protezione civile provo un senso di ammirazione, per le persone ammaestrate no.

Lo studio meccanico, istruttivo,  ci rende animali ammaestrati, spesso peggio di animali.
Il delfino ammaestrato, grazie alla sua intelligenza riesce a trarne dei vantaggi e comunque instaura una relazione profonda con il suo istruttore.

In questo periodo storico, l'istruzione (ammaestramento) spesso già preconfezionata,  tende a ridurre al minimo lo spazio della lettura.
Il sapore della lettura è il ponte tra la persona semplice e la persona colta: entrambe conoscono la meraviglia e la fascinazione; magari leggeranno cose diverse, ma entrambe sanno stupirsi.

Sia ben inteso: per persona colta non intendo l'erudito.
La persona diventa colta non in base al numero di libri che legge ma in base alla capacità di dare un valore "sapienziale" a ciò che legge.

Ho uno zio falegname, ormai vecchio, ha fatto solo le scuole elementari, ma è a suo modo una persona colta.
Negli anni '70 leggeva, comprandoli per pochi spiccioli sulle bancarelle, i classici del pensiero politico di sinistra, e cercava di trarne sapienza per il suo stile di vita.
Spesso capiva poco, ma non demordeva, trascriveva su carta quel che non capiva e lo spediva per lettera a Ciccio Greco.
Già…  Ciccio Greco, suo amico di gioventù in Puglia e poi docente appunto di greco al Ginnasio…  e Ciccio Greco gli rispondeva.

La cultura è questa: elaborare valori e influenze per lo stile di vita. Questo è un sapore.
Ricordo il sapore o meglio l'odore di quei libri in quella libreria che lo zio si era  costruita da solo.
Io, allora bambino, compresi che tutti quei nomi strani, Marx, Engels, Rosa Luxemburg, Trotskij, Mao, Labriola, Gramsci… un giorno sarebbero stati affar mio.  E così fu.
Come fu affar mio costruirmi una libreria.

La mia prima libreria, precoce per un bambino, me la costruì lo zio; forte e robusta, una libreria da adulto. Ma appena ebbi forza e perizia sufficiente ne costuii una io; certo non un grande esempio di carpenteria,  ma  era la mia libreria.

Ma entriamo meglio della dimensione sapienziale della lettura.
E' appunto una dimensione propria, e non ha nulla a che fare con l'ammaestramento; è un momento in cui  si crea un nuovo spazio, un proprio spazio  di costruzione di sé.
E’ lo spazio per la meditazione futura. 

Diffido di chi si proclama meditatore e non ama leggere; quando ha creato tale spazio interiore? A meno che non si abbia una naturale propensione per la contemplazione della natura, o in mezzo alla natura si viva, è difficile  arrivare alla meditazione senza passare dalla lettura.

Teresa d'Avila trovava nel libro il giusto passaggio per quella che lei chiamava orazione mentale, cioè la meditazione come oggi viene intesa.
E' uno spazio dove coesistono piacere ed impegno,  presenza e fuga.
E' lo spazio della coincidenza degli opposti.

Quando ero piccolo il modo migliore di spendere duecento lire era comprare Tex.
Per un bambino che aveva appena imparato a leggere non era impresa semplice affrontare le centotrenta pagine degli albi di allora.
Era un fumetto denso di nuvole ricche di scritte e spiegazioni.
I disegni allora non erano neanche un gran che; si perfezionarono in seguito e  le pagine scesero a centoquattordici.
Insomma, era un piacere impegnativo. Un impegno a cui tenevo molto però, tanto che, malgrado la mia avidità di lettore in erba, disdegnavo i fumetti più brevi e semplici come Soldino e Topolino; e pur ammirando un personaggio come il Grande Blek non lo ritenevo all'altezza di Tex, verso il quale indirizzavo soldi e sforzi.

Ancora adesso il potermi leggere in santa pace un texone (i grossi albi disegnati da grandi autori)  mi  arreca un profondo piacere e sapore.
E' anche un ricordo della mia crescita; provo un senso di auto tenerezza quando penso a come pronunciavo certi nomi! Per me l'amico indiano di Tex era Tiger pronunciato appunto "Tiger" e non taigher … per non parlare del mitico mago malvagio: Baron Samedi pronunciato appunto "samedi" e non samdì.

E' il tempo che scorre, è la crescita, è il rendersi conto che quel “tizzone d’inferno” usato da Tex,  (espressione che usavo a mia volta e per la quale venivo redarguito) viene dal Manzoni che a sua volta lo aveva rubato alla letteratura religiosa del cinque/seicento. Eh già… lui, il Manzoni, si documentava.
E' con le letture in parte ingenue dei fumetti e dei romanzi d'avventura, Salgari in testa, che si apprende ad apprendere, si rompe con la quotidianità,  si gustano nuovi sapori e si creano valori,  in testa quello della lealtà.
E' grazie a questo precoce piacevole impegno che da adulto sono riuscito a concentrarmi su letture oltremodo impegnative.

Per preparare la mia tesi di dottorato il tutor  mi sottopose  una serie di letture che lui stesso aveva definito “impossibili”. Impossibili per prolissità, oscurità, complessità.
Ma per chi si è temprato sin da piccolo nel piacere-impegno della lettura, tutto riesce bene. 

Oggi l’istruzione punta a quello che io chiamo "perbenismo amorale".
L'importante è essere “per bene”…anche senza nessun contenuto etico specifico o valoriale. E’ quanto basta.
Al  perbenismo amorale fanno da contraltare gli "odiatori" che impazzano sui social.
Due facce della stessa medaglia.

La lettura è di fatto sconsigliata, l'ammonimento della mia collega d'allora è diventato dogma.
Si studia quel poco che serve magari scaricandolo da Internet. Niente approfondimento, niente riflessione.
Il trionfo dell'idiozia ammaestrata.

L'antidoto: la lettura come pratica sapienziale.
Ma come praticarla?
Ripartendo dall'infanzia.
Leggevo? Quali le prime letture? Cosa leggevo, come, in che  modo?
In casa mia si leggeva? Chi leggeva, e cosa?
Ricordare gli odori, i sapori, le sensazioni, i gusti, le  emozioni, i sentimenti, i valori.
Appunto i valori: quali erano i valori dei personaggi che incontravo nelle mie letture giovanili? I loro interessi, le abilità, i vizi e le virtù?  Quali hanno maggiormente influenzato le mie scelte?

E in che modo le mie letture giovanili e quelle attuali sono collegate?
Quale piacere traggo oggi dal leggere, a cosa mi avvicina la lettura, in quali mondi mi porta?
Che relazione c'è tra ciò che leggo e ciò che studio?
Tra ciò che leggo e ciò che vedo, cinema, TV, teatro, arte, web?
Tra ciò che leggo e come vivo, emozioni, sentimenti, valori, relazioni?

Lasciate che tutto ciò scorra come un fiume, come tante nuvole in un cielo terso, lasciate che tutto sia, tra sogno e realtà, tra ricordo e immaginazione.
Prendete qualche appunto, trasformartelo in auto narrazione, in storie.
Fissate il narrato in poche frasi, le poche frasi in poche parole, le poche parole in pochissime parole. 
Meditare su quelle parole, gustatene il sapore, fatele maturare dentro di voi e poi usatele per creare progetti di vita.
Allungare e stringere, allargare  e condensare, investigare e progettare.
E' un processo alchemico: la lettura si trasforma in scrittura, la scrittura di nuovo in lettura, e così via.
Ricordo e progettualità s'incontrano.
Intelletto e anima dialogano.
L'anima prende sempre più vita, ci anima appunto.

E' incredibile vedere cosa accade, quanta energia si muove, quanto ricca diventi la vita e la sua esperienza.
Diventiamo consapevoli di molte cosa su di noi e sulla  nostra storia, sui nostri desideri e aspirazioni.
Tutto ciò non ha nulla di nostalgico o di retrò; al contrario diventa un'attività altamente energizzante.
Si acquisterà un rinnovato piacere alla lettura, allo studio, all'impegno, alla progettazione e alla cura di sé.
Provate.

Straf.


Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo utilizzando i pulsanti qui sotto. Grazie.