lunedì 13 gennaio 2020

I "NUOVISTI" OVVERO: NORMALISTI, FRIVOLI, SNOB E INVIDIOSI. ALTRA CATEGORIA TOSSICA


Esiste una categoria di persone tossiche estremamente letale.


E' letale perché sa bene mimetizzarsi.
Sa mimetizzarsi con sorrisi e atteggiamenti amichevoli e s'insinua nei vari gruppi amicali senza in realtà essere amico di nessuno ma solo per rilasciare la sua tossicità.
E' letale perché sa essere paziente; può aspettare molto tempo per rilasciare la sua tossicità.
E' letale perché è in grado di smontare e sminuire chiunque con suo atteggiamento.
E' letale perché è in grado di lasciarci un senso di vuoto e inutilità della vita.

Il primo passo per neutralizzare costoro è quindi cercare di individuarli pur nel loro mimetismo.
Per farlo, oltre a ricorrere alla mia esperienza personale, mi sono fatto aiutare da tre autori: Marianella Sclavi, Alain De Botton e Papa Francesco.
Tre autori assai diversi tra loro  (di cui avrò modo di dare dei riferimenti) che individuano in contesti differenti  alcune categorie di persone.
Queste categorie possono rientrare in un contenitore più grande che io ho definito i nuovisti.

Ma chi sono questi nuovisti? E perché sono così tossici?
Iniziamo dalla caratteristica più nascosta: l'invidia.
Non mi farò compagno di chi si consuma d'invidia,
perché costui non avrà nulla in comune con la sapienza.
Sapienza 6; 23.

Il testo biblico della Sapienza ci ammonisce di non frequentare gli invidiosi poiché non hanno nulla in comune con la sapienza; costoro nella loro personale consumazione si tengono lontani dal sapore-sapere della vita.
I nuovisti non sono gli invidiosi classici, cioè coloro che t'invidiano perché sei stato in vacanza o simile. La loro invidia è più nascosta, è subdola, è decisa a minare ogni aspirazione altrui alla sapienza-sapore della vita, inquinando  il gusto della vita in ogni piccola cosa grazie ad un processo di costante banalizzazione.
Mettiamo quindi in atto un procedimento di analisi e smascheramento per comprendere cosa costoro in realtà invidiano.

Analizziamo il loro linguaggio. Compreso il tono e la mimica.
Sono fautori della parola "nuovo", pertanto il loro parlare si articola sull'asse novità-vecchio, nuovo-superato, scontato-innovativo, essere alla moda- essere fuori moda, e così via.
Ma cos’è per loro il nuovo?  Conoscono veramente ciò che è innovativo? No,  in realtà non sanno neanche cosa sia, il termine viene usato solo come contraltare di ciò che a loro non garba,   o che non sanno o non interessa.
Porto un esempio dell'uso della parola "superato".
Alcuni anni fa chiesi ad una mia conoscente laureata in lettere perché non avesse mai provato ad insegnare.
La risposta fu: "insegnare! In una scuola, con quei programmi superati!"
Il tono era simile ad uno sbuffo con sguardo rivolto verso l'alto e con lo sbuffo che finiva quasi in una pernacchietta.
Provai a domandare per pura completezza grammaticale e semantica: "superati da chi o cosa? E cosa lei avrebbe proposto o cosa le sarebbe piaciuto fare o proporre?". Non seppe rispondermi. Incuriosito provai ad indagare quali fossero i suoi interessi o competenze. Supposi che l'idea del superamento la portasse ad avere una cultura legata alla letteratura contemporanea rispetto a quella classica. No, la sua ignoranza era imparziale: ignorava i classici quanto i contemporanei. Provai ad indagare quali fossero i suoi interessi in vari ambiti: filosofia, storiografia, pedagogia, psicologia, arte, cinema… anche qui l'ignoranza imperava sovrana senza distinzione, dal versante canonico a quello sperimentale.
Insomma compresi, anche da altri episodi, che i termini venivano usati per snobbare (annotate il termine) ciò che non gradiva o temeva.

Un’altra caratteristica è l'inversione del soggetto rispetto al contenuto; mi spiego anche qui con un esempio.
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“Oh! Io i video degli auguri di nuovo anno non li apro più, mi hanno stancato, una volta, quando erano una novità mi piacevano... ma ora ... che palle!”
Non è il valore della persona ad interessare, non è il piacere di ricevere gli auguri da un amico o da zio Peppino ma solo il giocattolo in sé...  chi ha ricordi kantiani (l'essere umano considerato come un fine e mai come mezzo) rileva in tutto ciò un sintomo di pochezza morale.

Questa inversione è presente in un altro esempio che riporto.
Ad una persona confidavo il fatto che sentivo la mancanza di due personaggi di straordinaria cultura, intelligenza e simpatia che sono passati a miglior vita.
Il suo commento, sentenziato con aria vissuta con tanto di sorriso fisso con occhi sgranati come se volessero mangiarti, è stato: "Embhè, ne verranno degli altri."
Anche qui, disconoscimento dell'unicità della persona, del suo valore, il non riconoscimento del senso di vuoto e della perdita provata, etc.
E' tutto ridotto a salotto, è tutto frivolezza, nessun valore, solo consumo.
Ricordatevi il termine: frivolezza. 

A costoro provate a narrare qualche vostro successo, impresa od altro: non la considererà per niente, vi dirà che è qualcosa di già visto o simile,  non c'è novità, vi dirà che tutto ciò è normale, scontato, non eccezionale. (annotate il termine normale).
Totale disconoscimento.

Altro punto.
Esistono dei comportamenti quali: tingersi i capelli di viola o altro colore, tatuarsi, usare un tipo di abbigliamento piuttosto che un altro, che non ci riguardano direttamente.
Tale scelta può piacerci o meno ma di fatto sono c... altrui.
La loro scelta non ci lede; se Peppino si fa una cresta da pellerossa, se Giannina si tinge i capelli di verde, se Titina si tatua un elefante sulla chiappa sinistra, io non vengo leso da tali decisioni al di là che le condivida o meno.
Il nostro dissenso estetico non dovrebbe portare ad una condanna della persona che le usa.
Potrà anche magari darmi fastidio che una mia ipotetica figlia si tatui sul sedere un teschio circondato da serpi fiammeggianti ma non per questo le vorrò meno bene.
Costoro no.
Per costoro invece ciò che non collima con i loro gusti è una specie di lesa maestà nel confronto del loro ego.
Non riescono e non vogliono mettersi nei panni altrui e nei gusti altrui.

Dopo questa carrellata entrano in gioco i miei autori.

Il primo autore è Marianella Sclavi.
Il suo il prezioso testo,  Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori, 2003,  è una attenta descrizione per creare delle modalità di ascolto.
In un paragrafo intitolato: "La città di esotica (l'arte di non ascoltare)"
individua una modalità di non ascolto.
Questa modalità di non ascolto viene narrata come categoria dei "normalisti".
Costoro vivono nella costante tensione di individuare ciò che è eccezionale, ma in tale tentativo fanno in modo che ogni situazione venga "normalizzata" e narrata come evento non  degno di nota, come se tutto fosse un "come tu sai bene".
E' un paragrafo molto divertente di un libro eccellente a cui rimando la lettura; per noi qui è importante individuare l'analogia con i miei nuovisti.
Il punto in comune è il non ascolto, il disconoscimento delle esperienze di valore.

Mi gioco il secondo autore: Alain De Botton che ha scritto un bel libro sullo snobismo dal titolo: Status anxiety (ansietà da status) uscito però in italiano come, L'importanza di essere amati, Guanda, 2004.
L'autore esamina una serie di situazioni storiche e sociali dove si è venuto a creare lo sminuire l'altrui status, e i vari rimedi contro tali situazioni.
Anche questo è un testo arguto e divertente e ci allargare il nostro orizzonte


E qui mi gioco il terzo autore: Papa Francesco con il testo Guarire dalla corruzione, emi. Il testo uscì nel 2005 in spagnolo (quando era ancora cardinale) e in italiano nel 2013, dopo la sua elezione a Pontefice.
Bergoglio individua nella corruzione l'elemento deleterio della frivolezza.
La frivolezza descritta è molto utile per approfondire quanto sinora sostenuto.
La frivolezza, da non confondersi con la spensieratezza, è qualcosa di devastante: è porre un limite alla ricerca umana.
E' porre "un al di qua" che nega ogni approfondimento, ogni desiderio di trascendenza.
Tutto deve rimanere tiepido, in superficie, mondano. Anche la spiritualità viene mondanizzata e commercializzata nella sua versione più spiccia, con il motto dell'ego che suona più o meno così: "la cosa funziona perché e purché non funzioni". Cosa significa? Significa che tu puoi fare qualsiasi percorso spirituale, di crescita, terapeutico od altro purché rimanga nella sua inutile mondanità, altrimenti è pericoloso. E' pericoloso perché turba le coscienze, e pertanto va snobbato e calunniato, magari dicendo che è superato, da chi, da cosa? ora abbiamo la risposta: dalla frivolezza di turno che fa da tappo alla vera  esplorazione.  

A questo punto bisogna tirare le somme di quanto ho detto e rispondere alla domanda iniziale: cosa invidiano costoro e perché sono deleteri?
E’ chiaro cosa invidiano.
Invidiano le emozioni.
Invidiano le emozioni che voi provate e loro si negano.
Le negano perché ne hanno paura, avendo paura le reprimono fortemente.
Avendo paura delle emozioni negano la vita.
Negandole a loro stessi le disconosceranno anche in voi.
Disconoscendo in voi le emozioni disconosceranno la vostra persona e la vostra unicità e faranno di tutto per sminuirvi.
Cercheranno di farvi sentire ridicoli, inadeguati, superati, falliti, "non alla moda"; una moda fatta però solo dalle loro idiosincrasie.
Cercheranno di far passare la vostra intelligenza per noiosità da: "che palle!"
Cercheranno di provocarvi per farvi reagire e sminuirvi ulteriomente.
Cercheranno poi di calunniarvi dicendo cose false solo per placare il loro astio represso.
Faranno così perché le vostre emozioni, la vostra gioia di vivere suona come insulto al loro frivolo nulla.
La loro invidia è senza rimedio poiché non è legata ad un fatto esterno ma a qualcosa di interiore.
Un qualcosa che anche loro hanno ma negano, negano e reprimono con tutte le loro forze.
Il loro "nuovo" è pertanto un costante vecchio rassicurante, come nel paese di exotica descritta dalla Sclavi:  la ricerca dell'eccezionale è tutta una finta, tutto deve essere "normalizzato".

Capite ora la tossicità di codesta invidia?
Senza emozioni non ci sono valori.
L'apprezzamento, anche al più alto a livello spirituale, ha sempre una componente emotiva.
Senza emozioni non c'è incontro con l'altro.
Senza emozioni non c'è la sapienza-sapore della vita.
C'è solo un costante, insipido, tiepido, frivolo, snobistico chiacchiericcio sul nulla.
Non temete però, non bisogna preoccuparsi: una volta riconosciuti basta seguire il precetto citato.
Non mi farò compagno di chi si consuma d'invidia,
perché costui non avrà nulla in comune con la sapienza.
Sapienza 6; 23.

Straf




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