Oggi
affronteremo una categorie di persone tra le più tossiche di tutte: i faraoni.
I faraoni!? Direte voi… e chi sono?
Quelli dell'antico Egitto?
Beh
sì, in qualche modo sì ma solo per metafora.
Per
comprendere la situazione è utile la Bibbia, soprattutto i passi dell' Esodo dove viene narrato il confronto
tra Mosè ed il Faraone.
Prima
di tutto dobbiamo dire alcune cose molto semplici su come leggere la Bibbia.
Noi
rimaniamo sempre spiazzati quando nel Vecchio
Testamento incontriamo la parola “Dio”. Soprattutto in frasi quali: "E
Dio rese ostinato il cuore del Faraone" (Esodo 13; 2).
Ad una lettura lineare una frase del genere suona come assurda, in quanto parrebbe che Dio sia in qualche modo malvagio e renda cattivo il Faraone.
Ad una lettura lineare una frase del genere suona come assurda, in quanto parrebbe che Dio sia in qualche modo malvagio e renda cattivo il Faraone.
Non
è proprio così.
La
Bibbia viene considerata un testo
ispirato da Dio; ispirato, non dettato da Dio. Quindi l'uomo è parte integrante
del processo sia narrativo che interpretativo.
La
Bibbia è considerata parola di Dio
nel suo complesso, ovvero nella sua totale dimensione narrativa, sapienziale,
profetica.
Quando
nel tessuto narrativo si parla di Dio, non lo si può considerare un
protagonista fra tanti altri, sarebbe una bestemmia; Lui è al di sopra degli altri,
Lui è la narrazione nel suo
insieme.
Per
dirla alla Bateson: Lui è il sistema, non uno degli elementi del sistema.
Infatti
nel testo originale non compare mai la parola Dio ma una parafrasi o il
tetragramma JHWH.
Quindi
quando leggiamo certe frasi è come se s'intendesse: l'ordine delle cose,
l'ordine del sistema, e così via.
Seppure
in una maniera arcaica è come se si delineasse una struttura narrativa che noi
oggi chiameremmo scientifica, ovvero una narrazione comprensibile secondo delle
leggi.
E’
importante comprendere bene questo aspetto.
Il
confronto tra Mosè ed il Faraone va dunque letto come il confronto tra due
modalità di valori.
Mosè
è colui che ascolta la propria vocazione profetica, ovvero la voce profonda della coscienza che cerca di
renderci liberi.
Mosè
da valore all'ascolto, all'esigenze proprie e del suo popolo.
Un
ascolto che libera la coscienza.
Il
Faraone invece è colui che ascolta la voce del possesso: tutto per lui è
cosa. Cosa da possedere.
Il
faraone in realtà non è di per sé malvagio.
Crede
anzi di fare il bene per il suo popolo; ma la sua è una credenza basata sul possesso.
Il
possesso indurisce il cuore, ci rende ostinati, e questo è un dato di fatto.
E Dio rese ostinato il cuore del Faraone.
Es. 13;2.
E'
l'ordine delle cose, è l'ordine del possesso a indurire il cuore e a renderlo
ostinato nella sua sete di possesso.
Questo
indurimento genera delle piaghe atroci (Le piaghe d'Egitto).
Quando
noi induriamo il cuore, intorno a noi si genera dolore.
Il
Faraone allora prova a mollare la presa, concede la libertà a Mosè e ai suoi, ma poi ci ripensa perché il senso del possesso
ha il sopravvento; ha il sopravvento
l'ostinazione.
Si
getta all'inseguimento delle cose perdute e viene travolto.
E'
così... il senso del possesso ci travolge come le acque del Mar Rosso.
Carri,
cavalli, cavalieri, fanti, tutto è travolto; il senso del possesso ha questo
epilogo.
E
quindi? Direte voi?
I
Faraoni esistono.
Genitori,
mariti, mogli, amanti, amici, datori di lavoro, politici, sfruttatori vari,
ricattatori morali si comportano spesso come dei faraoni che ci vogliono possedere come oggetti.
Dobbiamo
imparare a riconoscere il loro senso di possesso e prendere le distanze.
Dai
Faraoni intorno a noi dobbiamo imparare a difenderci.
A
questo scopo le pratiche del non conforme sono di grande aiuto.
Esiste
però anche un Faraone interiore: impariamo ad individuarlo.
Noi
stessi possiamo diventare Faraoni volendo possedere gli altri, volendo
possedere sempre più oggetti, o persone ridotti ad oggetti.
Spesso
ci ostiniamo ad inseguire un amore passato, e in questo inseguimento perdiamo
noi stessi. Come il Faraone veniamo travolti dal Mar Rosso della rabbia, del
risentimento e del rammarico.
C'è
un Faraone che vuole possedere gli altri ma anche e soprattutto la nostra
anima, ciò che ci anima, (vedi articolo il Fantozzometro) rendendoci
ostinati nelle nostre sofferenze solo perché sono note.
Possiamo diventare Faraoni di noi stessi con pretese contrastanti che soffocano le nostre
potenzialità rendendoci schiavi di
ambizioni spesso smodate, o al contrario di pretese così modeste che ci portano
ad una perenne auto-svalutazione.
Esiste
però anche un Mosè interiore, non solo un Faraone.
Secondo
i cabalisti esiste un Bechinat Moshe,
una qualità "mosaica" dentro ciascuno
di noi che è in grado di affrancarci dalle nostre prigioni interiori.
Impariamo
ad ascoltarla.
Impariamo
il coraggio di dire al nostro Faraone interiore il ritornello della famosa canzone: Let my people go!
Sperimentiamo
il senso pieno di poterlo dire e pensare.
Esprimiamo
il coraggio di lasciare andare le nostre autentiche potenzialità verso una
nuova dimensione creativa: la terra
promessa.
Ricordiamo
inoltre che le meditazioni descritte: "Lascia andare e sii beato" e
"Accogli e sii beato" sono sempre di grande aiuto per queste
situazioni.
Straf.
Nessun commento:
Posta un commento