mercoledì 13 novembre 2019

RICOMINCIARE: TRA ABRAMO E TROISI


La figura di Abramo è sicuramente una delle figure più complesse, controverse ed affascinanti.
Ebrei, cristiani e mussulmani hanno in comune il padre Abramo, e su di lui sono stati scritti fiumi d'inchiostro. Chi ha fatto il liceo si ricorderà l'interpretazione di Kierkegaard sul sacrificio di Abramo del figlio Isacco.
Ma qual è il fascino che rende vivo Abramo ancora oggi?
Partiamo da una Sura del Corano.
 Ibrahim non era né ebreo, né nazareo, ma un puro credente...
(S. III, 67).
Cosa significa? La questione è certo complessa, ma possiamo dire che Abramo (Ibrahim nel Corano) è un credente in un monoteismo, in un divino non  del tutto noto e rivelato, è un credente puro con contenuti ancora da definire.
Abramo è figlio di un costruttore di idoli;  viene da una cultura idolatra eppure rompe con questa tradizione.
Sente un comando del Signore: Lekh Lekhà, locuzione ebraica che sta per tu vai.
Ma andare dove?
E poi perché il Signore parlò solo a lui?
Ma siamo sicuri che parlò solo a lui? Qui le interpretazioni rabbiniche e Kabalistiche si sprecano.
Forse non parlò solo a lui, forse Dio parlava a tutti ma solo lui fu in grado di ascoltare. Ma come ascoltare quando non c'è ancora una tradizione, una modalità di ascolto?
Ma come sapere se le chiamate sono giuste, se queste chiamate ci ordinano cose antiche come i sacrifici umani?
Anche in questo caso le interpretazioni abbondano ma al di là di tutto questo rimane un fatto innegabile: Abramo a fatica iniziò ad ascoltare.
Per questo Abramo è il Padre Abramo, è il padre di tutti noi, è il padre dell'ascolto,  è il padre della coscienza, è il padre del rinnovamento, è il padre della trasformazione.
Lui trasforma il suo nome grazie all'ascolto.
In ebraico il suo nome originale è Avram ma diventa Avraham, riceve la lettera He come segno di comunanza e patto  con il divino.
(Nella versione italiana CEI della Bibbia Abramo acquista una o da Abram ad Abramo, Genesi, 17; 5).
Tutte le volte che dobbiamo rinnovarci, che dobbiamo ripartire,  il Padre Abramo è fonte d'ispirazione.
Non è importante se dobbiamo partire da zero o da tre come Troisi, sarà sempre un confronto con la nostra coscienza, con la nostra capacità d'ascolto.
In realtà Troisi e Abramo sono più simili di quanto si possa immaginare: entrambi manifestano perplessità e stupore di fronte alle situazioni ma riescono in qualche modo ad uscirne sempre fuori grazie ad una integrità profonda, spesso estremamente sofferta ma comunque fondante.
Tutte le volte che come Troisi ci domandiamo: A ch'già fa? (non ho la più pallida idea della grafia corretta) ma nonostante tutto vogliamo rinnovarci, stiamo meditando sul Padre Abramo.
Dobbiamo avere coraggio e fare una riflessione.
Oggi non è un problema per nessuno considerare Dante un patrimonio dell'intera umanità. Inizialmente era un poeta fiorentino,  poi è stato considerato un poeta italiano, poi europeo, oggi è un poeta dell'intera umanità
Così Abramo non lo si può più considerare né ebreo, né cristiano o mussulmano; Abramo rappresenta l'intera umanità, Abramo siamo noi al di là delle personali definizioni.
Tutte le volte che dobbiamo ricominciare, da zero o da tre non importa, noi siamo Abramo, il Padre Abramo è in noi.
E' in noi come attività fondante e di rinnovamento dell'umanità.
Senza la capacità di rinnovare e ricominciare non siamo umani perché, come direbbe il  poeta

Foste non fatti a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
(Inferno, XXVI, 119-120)

Se non vogliamo arrenderci alla  brutalità del perenne uguale, meditiamo sulla figura del Padre Abramo e apriamoci al rinnovamento.
Se vogliamo lasciarci alle spalle sofferenze, antichi legami famigliari, antichi schemi mentali fatti di idolatrie e feticci,  meditiamo sul Padre Abramo.
Ogni tanto lasciamo il vecchio per il nuovo, rompiamo gli schemi dei vecchi idoli e Lekh Lekhà, andiamo via, verso il  nuovo, verso una nuova sapienza, verso un nuovo sapore.


Straf.

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