La
figura di Abramo è sicuramente una delle figure più complesse, controverse ed
affascinanti.
Ebrei,
cristiani e mussulmani hanno in comune il padre Abramo, e su di lui sono stati
scritti fiumi d'inchiostro. Chi ha fatto il liceo si ricorderà
l'interpretazione di Kierkegaard sul sacrificio di Abramo del figlio Isacco.
Ma
qual è il fascino che rende vivo Abramo ancora oggi?
Partiamo
da una Sura del Corano.
Ibrahim non era né
ebreo, né nazareo, ma un puro credente...
(S.
III, 67).
Cosa
significa? La questione è certo complessa, ma possiamo dire che Abramo (Ibrahim
nel Corano) è un credente in un monoteismo, in un divino non del tutto noto e rivelato, è un credente puro
con contenuti ancora da definire.
Abramo
è figlio di un costruttore di idoli; viene da una cultura idolatra eppure rompe con
questa tradizione.
Sente
un comando del Signore: Lekh Lekhà,
locuzione ebraica che sta per tu vai.
Ma
andare dove?
E
poi perché il Signore parlò solo a lui?
Ma
siamo sicuri che parlò solo a lui? Qui le interpretazioni rabbiniche e
Kabalistiche si sprecano.
Forse
non parlò solo a lui, forse Dio parlava a tutti ma solo lui fu in grado di
ascoltare. Ma come ascoltare quando non c'è ancora una tradizione, una modalità
di ascolto?
Ma
come sapere se le chiamate sono giuste, se queste chiamate ci ordinano cose
antiche come i sacrifici umani?
Anche
in questo caso le interpretazioni abbondano ma al di là di tutto questo rimane
un fatto innegabile: Abramo a fatica iniziò ad ascoltare.
Per
questo Abramo è il Padre Abramo, è il padre di tutti noi, è il padre
dell'ascolto, è il padre della
coscienza, è il padre del rinnovamento, è il padre della trasformazione.
Lui
trasforma il suo nome grazie all'ascolto.
In
ebraico il suo nome originale è Avram
ma diventa Avraham, riceve la lettera
He come segno di comunanza e
patto con il divino.
(Nella
versione italiana CEI della Bibbia
Abramo acquista una o da Abram ad Abramo, Genesi,
17; 5).
Tutte
le volte che dobbiamo rinnovarci, che dobbiamo ripartire, il Padre Abramo è fonte d'ispirazione.
Non
è importante se dobbiamo partire da zero o da tre come Troisi, sarà sempre un
confronto con la nostra coscienza, con la nostra capacità d'ascolto.
In
realtà Troisi e Abramo sono più simili di quanto si possa immaginare: entrambi
manifestano perplessità e stupore di fronte alle situazioni ma riescono in
qualche modo ad uscirne sempre fuori grazie ad una integrità profonda, spesso
estremamente sofferta ma comunque fondante.
Tutte
le volte che come Troisi ci domandiamo: A
ch'già fa? (non ho la più pallida idea della grafia corretta) ma nonostante
tutto vogliamo rinnovarci, stiamo meditando sul Padre Abramo.
Dobbiamo
avere coraggio e fare una riflessione.
Oggi
non è un problema per nessuno considerare Dante un patrimonio dell'intera
umanità. Inizialmente era un poeta fiorentino,
poi è stato considerato un poeta italiano, poi europeo, oggi è un poeta
dell'intera umanità
Così
Abramo non lo si può più considerare né ebreo, né cristiano o mussulmano;
Abramo rappresenta l'intera umanità, Abramo siamo noi al di là delle personali
definizioni.
Tutte
le volte che dobbiamo ricominciare, da zero o da tre non importa, noi siamo
Abramo, il Padre Abramo è in noi.
E'
in noi come attività fondante e di rinnovamento dell'umanità.
Senza
la capacità di rinnovare e ricominciare non siamo umani perché, come direbbe
il poeta
Foste non fatti a viver come bruti,
ma per seguir virtute e
canoscenza.
(Inferno, XXVI,
119-120)
Se
non vogliamo arrenderci alla brutalità del
perenne uguale, meditiamo sulla figura del Padre Abramo e apriamoci al
rinnovamento.
Se
vogliamo lasciarci alle spalle sofferenze, antichi legami famigliari, antichi
schemi mentali fatti di idolatrie e feticci,
meditiamo sul Padre Abramo.
Ogni
tanto lasciamo il vecchio per il nuovo, rompiamo gli schemi dei vecchi idoli e Lekh Lekhà, andiamo via, verso il nuovo, verso una nuova sapienza, verso un
nuovo sapore.
Straf.
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