- Una premessa metafisica
- Una meditazione
- Una riflessione con messa in pratica
E'
un'attività impegnativa, ma vi porterà ad assaporare una beatitudine profonda
e, soprattutto, a rovesciare molte cose della vostra vita.
1)
Premessa.
La
premessa ha il suo fondamento nella Kena
Upanishad.
Si
tratta di un grande testo del pensiero indiano.
In
questo scritto si enuncia l’ineffabilità e l'insondabilità del principio divino:
il Brahaman.
Gli occhi non possono raggiungerLo e neppure la mente
...
Ciò che la parola non può rivelare, ma
che rivela la parola, questo solo è il Brahaman.
Sappilo.
Ciò che non si può comprendere con la
mente ma che comprende la mente, questo solo è il Brahaman. Sappilo.
Non è certo ciò che la gente venera in
questo mondo come tale.
Questo
testo sostiene quindi che noi non possiamo comprendere il divino, ed è stoltezza ogni tentativo di farlo. La
sapienza consiste pertanto non nel comprendere ma nel farsi
"comprendere"; far sì che la
nostra mente sia "compresa" nel divino ovvero sia parte del processo
divino.
Un
altro principio, sostiene la scrittura, è che nel Brahaman vi è racchiuso ogni tipo di potere.
Si narra che il Brahaman conseguì una vittoria per gli dei. Nonostante
il merito della vittoria fosse del Brahaman,
gli dei si esaltarono e pensarono:
questa vittoria spetta solo a noi, a noi spetta la gloria.
Gli
dei Agni (il fuoco) e Vayu (il vento) incontrarono il Brahaman
per reclamare la loro vittoria ma il Brahaman
li mise alla prova dicendo ad Agni di
bruciare una pagliuzza ed a Vayu di
soffiarla via.
Gli
dei non ci riuscirono.
Questo
perché il potere di ogni cosa non è nell'ego, neppure nell'ego degli dei, ma solo nel Brahaman, nel divino.
Nella
Kena Upanishad c'è ovviamente molto
di più, e la useremo per altre meditazioni, ma per il nostro lavoro può bastare
questo.
Ricapitoliamo
quindi i due principi:
· La forza non sta
nell'ego.
· L'intento non è
comprendere il divino ma farci "comprendere".
2)
Meditazione. Lascia andare e sii
beato.
Sedetevi
in una posizione stabile possibilmente a terra su dei cuscini; per chi ci
riesce il loto o il mezzo loto sono la posizione ideale, altrimenti qualsiasi
posizione che vi permetta una stabilità, anche su una sedia purché con la
schiena eretta.
Concentratevi
sul respiro, senza modificarlo, solo
osservatelo.
Quando
il respiro è quieto e voi siete quieti si può
iniziare la meditazione vera e propria.
La
meditazione consiste nel pronunciare mentalmente alcune frasi ed associarle ad
un tipo di respiro.
La
prima frase è
Tu sei l'Essere.
Quando mentalmente pronunciamo il tu, con una profonda inspirazione ed
espansione, assaporiamo la sensazione di espanderci al di là del nostro ego.
Dev'essere proprio un’uscita, non di testa ma dal proprio ego.
E'
un lasciare andare che scioglie ogni tensione.
Pronunciando
la parola essere (con espirazione)
assaporiamo un nutrimento, siamo usciti da noi, abbiamo contattato il Brahaman e ritorniamo in noi con meno
ego e più essere.
Gustiamoci
il senso di beatitudine.
La
seconda frase è
Tu sei il mio essere.
In
questo caso la parola mio è la
consapevolezza del nutrimento.
La
meditazione continua con una serie di coppie di
frasi, che noi stessi decideremo, sempre accompagnate dal respiro consapevole.
Tra
una coppia di frasi e l'altra il
silenzio, che diventerà via via sempre più profondo.
Ogni
frase predica una qualità del divino.
Vediamo
qualche esempio.
Tu sei sapienza / Tu sei la mia sapienza.
Tu sei saggezza / Tu sei la mia saggezza.
Tu sei forza / Tu sei la mia forza.
Tu sei amore / Tu sei il mio amore.
Tu sei consapevolezza / Tu sei la mia
consapevolezza.
Tu sei beatitudine / Tu sei la mia
beatitudine.
Tu sei gioia / Tu sei la mia gioia.
Tu sei nutrimento / Tu sei il mio
nutrimento.
Tu sei salute / Tu sei la mia salute.
Tu sei salvezza / Tu sei la mia salvezza.
Tu sei felicità / Tu sei la mia felicità.
Etc.
e concludere di nuovo con
Tu sei l'Essere. Tu sei il mio Essere.
Non
ci sono limiti alle qualità del divino e delle frasi che possiamo usare.
E' una meditazione che veramente ci spinge a
sperimentare l'espressione Aham
Brahamasmi. Io sono il/nel Brahaman.
Lasciando
andare poco a poco l'ego per entrare nelle qualità universali dell'Essere, lo
sperimenteremo veramente come Sat Cit
Ananda - Essere Coscienza e
Beatitudine.
Iniziate
per pochi minuti al giorno, e via via aumentate il tempo della pratica sino
a superare i quaranta minuti, lasciando
sempre più spazio al silenzio che sarà
sempre più beatitudine.
Una
volta che vi siete stabilizzati sui quaranta/ cinquanta minuti praticate
la meditazione ogni giorno per tre/
quattro settimane.
Vi
renderete conto che non avrete neanche più bisogno di pronunciare le frasi per
lasciare andare il vostro ego e riposarvi in uno stato di beatitudine consapevole.
Osservate
i benefici.
3)
Riflessione e pratica.
Sperimentare
questa meditazione ci porta a fare delle
riflessioni e a trasformarle in un' ulteriore pratica.
Abbiamo
sperimentato un profondo stato di consapevolezza e beatitudine; questa
beatitudine nasce dall'aver lasciato da parte per un momento l'ego ed esserci
nutriti dall'Essere.
In
questa meditazione abbiamo anche rovesciato un concetto atavico che ci possiede
e ci rovina la vita. Il concetto di "mio".
In
questa meditazione il temine mio non ha nulla a che fare con il possesso ma con
il nutrimento.
Io
non possiedo l'Essere, è l'Essere che possiede me, è in Lui il potere.
Ricordate
la storia di Agni e Vayu?
Quindi
"mio" non è un possesso ma
una fruizione, il mio diventa una
partecipazione, quindi partecipo a qualsiasi potenzialità/possibilità del
divino e ne sono nutrito.
Riflessione
e pratica: "come utilizzo la parola mio, possiedo o mi nutro?"
Se
dico “la mia compagna” vuol dire che
pretendo di possederla come un oggetto o che in lei mi nutro e mi arricchisco?
Lo
stesso vale per i figli, gli amici, il lavoro, gli oggetti, i concetti, etc.
C'è
possesso o nutrimento?
Cosa
provo quando dico la parola mio?
Il
mio lavoro… c'è gratitudine o invece
è un "che palle!"?
Sottoponete
a costante consapevolezza la parola mio nella vita di tutti i giorni, come la
usate, cosa provate a livello di emozioni, sentimenti e pensieri.
Con
questa pratica il senso del mio si
rovescia come un calzino: il possesso diventa labile e l'energia fluisce.
Anche
qui ho due estremi da proporre: Gesù e Gollum del Signore degli anelli.
Il
piccolo personaggio della saga è posseduto dall'anello eppure dice il "mio
tessoro!" "my precious!"
Il
“mio malsano” funziona così:
l'illusione del possesso si trasforma in possessione, in dipendenza assoluta.
Pensiamo
a Gollum anche somaticamente: tutto accartocciato su se stesso.
E'
la simbologia dell'avaro: contratto, incartapecorito su se stesso.
Pensiamo
ora a Gesù in preghiera che dice Abba
(Papà) mio; è tutto un apertura, è pura fruizione, è puro flusso, è comunione,
è beatitudine.
Pensiamo
alle guerre di religioni, sono basate
sulla falsa idea di un dio riducibile ad un idolo, ad un feticcio, il mio dio
è diverso dal tuo, quindi ti uccido.
Follia
del malsano possesso, stoltezza in
azione; noi non possediamo il divino,
possiamo solo farci comprendere e nutrirci.
In
questo nutrimento possiamo solo che essere fratelli e nutrirci l'un l'altro.
Aham Brahamasmi.
Sat Cit Ananda.
Straf
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