giovedì 31 ottobre 2019

PRATICA: BAHUBALI, OVVERO IL NON CONFORME iii

Nei precedenti post abbiamo imparato i benefici del "non conforme".
Praticando il non conforme ci sentiamo sempre più liberi dalle manipolazioni e con più energia a disposizione.
Ora vi proporrò una nuova situazione per praticare il "non conforme" ed una nuova tecnica.

Tra tutti i vari possibili schieramenti che vanno dalla politica al calcio, ne esiste uno più radicale di tutti: è il derby tra ottimisti e pessimisti, ovvero tra coloro che vedono il bicchiere mezzo pieno e quello  che lo vedono mezzo vuoto.

In questi casi siamo di fronte ad una vera e propria manipolazione.
Perché è una manipolazione? Semplice: si basa sulla semplificazione estrema  e sull'inibizione del ragionamento.
Vediamo perché.

Consideriamo innanzi tutto che vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno non cambierà di una virgola la nostra realtà; insomma non solo è un approccio sbagliato, ma diciamolo: da fessi.
E' un approccio da fessi perché non ci aiuta a ragionare e a valutare le cose.  
Non ci dice nulla sulle dimensioni del bicchiere…  è meglio un boccale da birra di un litro riempito a  metà piuttosto che un bicchierino colmo.
Non ci dice nulla sul contenuto del bicchiere: acqua, vino, birra, aranciata, cognac, lassativo, veleno per topi, varechina, sciroppo per la tosse...
Insomma quello che serve è essere lucidi e comprendere la situazione;  essere ottimisti o pessimisti non cambia di molto le cose.
Si dice che l'ottimista sia più propenso al successo, il pessimista alla saggezza.
Balle.
Si obietterà che vi sono fior di studi in merito che spiegano i due atteggiamenti.
Sarà, ma la cosa non cambia di molto; tali studi servono per lo più a far finanziare le ricerche dei dipartimenti universitari, quindi tutto ciò è utile a chi è pagato per studiare questo argomento.  Funziona proprio così, lo so, ci sono passato nei dipartimenti universitari…   All’atto pratico  è meno  utile del sapere chi ha  vinto lo scudetto nel '56 oppure conoscere  la distanza tra la stella Sirio e la Terra.

Le variabili nelle situazioni umane sono moltissime; il nostro atteggiamento è fondamentale ma non è mai riconducibile ad una etichetta.
A sostegno di questa tesi convocherò  due grandi personaggi dei fumetti, i due pards Tex Willer e Kit Carson. Il primo è un incontenibile ottimista, il secondo è un brontolone pessimista. Carson si lamenta spesso dell'inguaribile ottimismo del pard e Tex gli risponde: "ci guadagno qualcosa a non esserlo?"
Già il discorso non fa una piega.
Il fatto è che i due se la cavano sempre a dispetto della situazione e indipendentemente dall'essere ottimisti o pessimisti. Se la cavano  sempre perché non si fanno condizionare né dalla situazione, né dalle loro convinzioni.

Nelle situazioni disperate Tex spera in un inaspettato arrivo del figlio Kit con il pard Tiger Jack, magari alla testa di una ventina di scalmanati guerrieri navajos; Carson si vede già all'inferno a spalare carbone… ma entrambi, nel frattempo, sparano alla grande con le loro '45.  

Il punto è questo: essere lucidi, determinati e sparare dritto.
Questo dipende da noi, se poi arrivano Kit Willer, Tiger Jack e guerrieri navajos, tanto meglio.

Entriamo meglio nella dinamica pessimismo e ottimismo.
A scuola ad esempio ci hanno rifilato la palla  che Leopardi e Schopenhauer siano due pessimisti, Leibniz un ottimista.
E' proprio vero?
Syat, forse, può essere, in un certo modo è vero.
Se però mi fermo all'etichetta, perdo la possibilità di comprendere gli autori.
Sono autori che, guarda caso, hanno scritto opere enormi.
Lo Zibaldone (Leopardi) Il mondo come volontà e rappresentazione (Schopenhauer) I saggi di Teodicea (Leibniz).  Sommandoli sono migliaia di pagine fitte fitte;  che fatica studiare, che fatica comprendere ... non ne vale la pena, tanto sono due pessimisti (sfigati) e un ottimista (pirla).

Avevo una collega che riduceva il tutto a poche battute di spiegazione dicendo agli studenti che basta ricordare pessimista e ottimista;  insomma come diventare idioti.

Sui social la semplificazione va alla grande e lo schieramento pessimista / ottimista è tra i più forti.
Ci sono persone che  si reputano intelligenti e postano ogni genere di osservazioni sempre sulla falsariga  che il mondo è una cacca. Già, il mondo è una cacca quindi è inutile impegnarsi, inutile fare figli,  inutile fare questo, codesto e quello.
Viene spontaneo chiedergli: "se è tutto una cacca perché continuate a vivere e a rompere i cosiddetti"? Niente, loro continuano a distillare le loro perle di cacca-saggezza.

Per contro ci sono quelli che inondano il web con il buonismo più melenso e stucchevole, per poi irritarsi come una biscia pestata qualora qualcuno fa  loro notare che la vita è piena di digfficoltà.

La pratica sapienziale si basa sul sapore della vita, sul sapore autentico. Può essere un sapore amaro ma  reale, non plastificato.
Il sapore è variegato e non è mai solo cacca. La cacca c'è ma non si mangia, si mangia il cioccolato.
La diatriba pessimisti/ottimisti è il miglior modo per diventare ottusi, per  semplificare senza far lo sforzo di comprendere, leggere studiare, amare, vivere.
Attenzione a costoro: tra i manipolatori sono i peggiori.
Il loro ottimismo/pessimismo non è autentico, è solo una finta, è solo un modo per ottenere un consenso facile e senza sforzo. Tanti like. Il pessimismo poi prende tanti like, è considerato più “intellettuale”!

Vogliono che rinunciamo alla nostra consapevolezza e intelligenza per dar loro credito.
Non diamolo.
Per neutralizzare costoro eccovi una pratica.
Anche questa è ricavata dalla tradizione jainista.
La fonte d'ispirazione è Bahubali (conosciuto anche come Gommatésvara).
Viene rappresentato completamente nudo, in piedi mentre medita, con rami e radici che gli circondano le gambe.
In India ne esiste anche una enorme statua di ben diciotto metri ed è oggetto di profonda venerazione.
Secondo la narrazione Bahubali  fu il figlio di Rishabhanatha, il primo dei santi profeti del janismo chiamati tirthamkara ovvero i costruttori del guado.
Visse in un periodo di costanti conflitti. Non aderì a nessuno di essi e iniziò la sua pratica ascetica. Prese la postura kayotsarga-mudra, la postura dell'abbandono del corpo. Ritto in piedi, nudo con le mani lungo i fianchi con lo sguardo verso l'orizzonte.
Secondo la narrazione rimase in tale postura per dodici anni sino a che, letteralmente "mise le radici", (infatti è raffigurato con rami e radici) e raggiunse l'illuminazione.
Tale pratica meditativa in piedi rimase un’attività molto diffusa tra i jaina.
Sento già il borbottio di lamentela: "ma come solo per un po' di diffuso pessimismo devo mettermi nudo come un verme e meditare per anni?"
No, certo che no.
I santi,  gli asceti, mostrano una via; siccome noi siamo un poco lenti di comprendonio la enfatizzano sino alle estreme conseguenze per farci capire.
Non è necessario meditare per anni e anni, come non è necessario farsi crocifiggere.
Il punto è comprendere.
E' importante comprendere la direzione  e praticare senza esagerare, insomma la via di mezzo, quella consigliata dal Buddha.
Qui la cosa che  va compresa è il radicamento.
Impariamo a radicarci.
Di fronte a chi ci mostra un mondo da schifo o chi ce lo mostra idilliaco, fermiamoci.
Solo per  qualche minuto.
Dedichiamo qualche minuto al radicamento quotidiano.
Stiamo fermi, ritti, abbandoniamo il corpo.
Abbandoniamo, non reprimiamo. Diventiamo consapevoli del corpo e delle sue tensioni: lasciamole andare.
Lasciamo andare il bisogno di essere reattivi a qualsiasi imbecillità che ci circonda.
Pochi minuti di meditazione quotidiana stando in piedi e ritti.
Sentiamoci radicati al suolo, allarghiamo lo sguardo verso l'orizzonte.
Sentiamo i piedi radicati e la mente elevata.
Terra e cielo, e noi in mezzo, in beatitudine.
Sarà un'ascesi, piccola ma potente e liberatoria.
E poi, una volta lasciato andare il bisogno reattivo, entriamo in modalità comprensione.
Comprendiamo con compassione questo grande bisogno di approvazione che regna tutt'attorno a noi, ma attenzione a chi ci marcia sopra e vuole manipolarci.

Entrando nella complessità della comprensione ci accorgiamo che le etichette non ci aiutano a comprendere né gli autori né le situazioni.
Leopardi è pessimista? Forse, ma sicuramente uno scrittore  eroico nel suo pessimismo, ed è ottimista nel suo senso tragico della vita e della sua complessità,  ed è molto, molto altro ancora. Non lo si può banalmente definire pessimista.

Ci sono situazioni dolorose e  tentativi di catarsi del dolore stesso.
Non fatevi prendere né dall'ottimismo, né dal pessimismo, ma imparate a comprendere e ad agire di conseguenza;  come Tex e Carson usate le vostre '45 ovvero le vostre potenzialità.
Non siate ottimisti o pessimisti sull'economia: leggetevi un manuale di economia.
Non siate ottimisti o pessimisti per il futuro dei vostri figli o  dei  vostri allievi: date loro sostegno, amore e cultura.
Solo per pochi minuti al giorno, fate come Bahubali, fermatevi, ergetevi e radicatevi.
L'energia scorrerà:  voi sarete sempre meno conformi e sempre più liberi.
Provate; vi saluto con un verso del Namokar Mantra dei jaina.
Namo Loe Savva Sahunam  (Mi inchino a tutti gli asceti).   

Straf

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